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LA STORIA IN CAMPO, COME È CAMBIATA L’AGRICOLTURA

Museo del Risorgimento, Sala Codici Piazza Carlo Alberto 8, Torino

con Tito Menzani L’opinione pubblica si è convinta che raramente i prodotti agroalimentari di oggi siano genuini e di qualità, e che viceversa nascondano molte insidie. A ciò si accompagna la mitizzazione delle campagne del passato, percepite come bucoliche e generose, e popolate da famiglie contadine che mangiavano cibi sani. Si tratta di uno dei tanti stereotipi che riguardano l’agricoltura di una volta. Proveremo a smontarli, per restituire una più corretta immagine della società preindustriale.

PIANTE PIÙ FORTI E CIBO PIÙ BUONO

Museo Egizio, Sala Conferenze via accademia delle scienze 6, Torino

con Vittoria Brambilla. Da 10.000 anni miglioriamo le nostre piante per averle più forti, più sane, più buone: quelle che coltiviamo oggi sono il frutto del lavoro di generazioni di agricoltori ma, per restare al passo con la crescita della popolazione mondiale e la necessità di salvaguardare il pianeta, non possiamo fermarci qui. Oggi possiamo avere piante ancora più produttive e ottimo cibo grazie a nuove tecnologie genetiche che ci permettono di agire direttamente sul DNA delle piante migliorandole, in modo simile a quello che hanno fatto gli agricoltori per millenni, ma in modo rapidissimo. Queste tecnologie, tra cui la tecnologia CRISPR, devono entrare a fare parte della cassetta degli attrezzi del miglioratore genetico delle piante nel futuro.

MALARIA E AGRICOLTURA: STORIE NATURALI E SANITARIE DI UNA EVOLUZIONE DARWINIANA

Museo del Risorgimento, Sala Codici Piazza Carlo Alberto 8, Torino

con Gilberto Corbellini I rapporti tra malaria e agricoltura intercorsi nella storia illustrano meglio di altri esempi lo stretto legame tra processi evolutivi o darwiniani, pratiche agricole o produttive e salute delle comunità umane. L’origine evolutiva di Plasmodium falciparum che ha causato e causa quasi tutta la mortalità per malaria risale alle pratiche agricole in foresta, in particolare al debbio (slash-and-burn), in diverse zone africane già nel primo Neolitico, che tra 10mila e 5mila anni fa circa favorirono la selezione prima di un vettore (Anopheles gambiae) esclusivamente antropofilo e poi di un ceppo di falciparum particolarmente letale. Nelle zone temperate come l’Italia, dove la malaria dipendeva dalle paludi ed era instabile, l’agricoltura, sulla base delle conoscenze scientifiche riguardanti il parassita e il vettore sviluppate in Italia alla fine dell’Ottocento, consentiva di circoscrivere l’ecosistema favorevole alla trasmissione e quindi di sradicare i parassiti con lo spruzzamento di insetticidi ad azione residua (DDT). Questo risultato non si è potuto ripetere in Africa subsahariana, dove la malaria non dipende dalle paludi ed è molto stabile, in quanto il complesso vettoriale locale riesce a sfruttare ogni forma di attività agricola, in quanto produttiva di focolai larvali, per mantenersi a elevati livelli di densità e […]