Il 5 giugno segna la Giornata Mondiale dell’Ambiente, un’iniziativa delle Nazioni Unite per sensibilizzare le persone sull’importanza del benessere e della salvaguardia dell’ambiente, l’impatto che questo può avere sul benessere dei popoli e anche sullo sviluppo economico. Si tratta di tematiche che si pongono con sempre maggiore urgenza nella vita di tutti e investe in maniera trasversale moltissimi settori, dall’agricoltura all’urbanistica, dal consumo di suolo alla produzione di carne, dalla politica all’economia. Per approfondire l’argomento, di seguito l’intervista a Guido Montanari, architetto, già professore presso il Politecnico di Torino, attivista dell’ambiente e dei beni comuni, realizzata in esclusiva per il sito di Coltivato dal giornalista Luca Fiocchetti.
Lei da urbanista e da vicesindaco di Torino si è sempre battuto per un risparmio di suolo. Ci si è finalmente resi conto che questa non è una risorsa inesauribile?
In Italia abbiamo consumato troppo suolo in passato e non ci sono giustificazioni per consumarne ancora. In realtà stiamo gestendo male il nostro patrimonio di suolo e penso, ad esempio, a tutte quelle aree industriali abbandonate che dovrebbero essere recuperate. Ma a livello globale non si può non citare il consumo di suolo operato, a scapito delle foreste, per produrre cibo destinato agli allevamenti intensivi. Il consumo di carne è un argomento che dovrebbe essere affrontato più seriamente e ripensato non solo per motivi morali, ma anche sociali ed economici. Personalmente, poi, trovo giusta la proposta dell’Unione Europea, che invece fa arrabbiare le grandi aziende, di lasciare una piccola parte dei campi incolta. È una soluzione che favorisce il mantenimento o il ripristino della biodiversità che nel tempo si tradurrà in minore necessità di pesticidi e in colture non troppo idrovore. È chiaro che la distruzione delle risorse naturali non può andare avanti all’infinito ma, purtroppo, ancora vedo poca attenzione delle istituzioni su questi temi. Mentre, invece, i consumatori sono sempre più interessati all’ambiente e leggono con attenzione le etichette dei prodotti che comprano. Ecco, su quelle etichette mi piacerebbe che ci fossero riportate non solo le calorie, ma anche quanta acqua è stata consumata e quanti pesticidi sono stati utilizzati per realizzare quel prodotto.
Ecco, l’ambientalismo. Una galassia a dir poco variegata nella quale convive chi abbraccia gli alberi, chi imbratta le opere d’arte, chi manifesta nelle città e chi scappa a vivere tra i boschi. Secondo lei c’è una maniera giusta e una sbagliata per essere ambientalisti?
L’ambientalismo in Italia non è riuscito a trasformarsi in una forma organizzata, si è fermato ai Verdi, un esperimento che non ha avuto futuro. Un partito politico avrebbe potuto raggiungere risultati importanti e anche fatto cultura sull’ambiente che adesso, infatti, manca. Non condivido gli episodi di violenza, ma posso capire che ci siano posizioni più estreme quando i giovani vedono i propri governi puntare ancora sull’energia fossile o quella atomica. Io credo che l’ambientalismo dovrebbe costruirsi una rappresentazione politica, con un programma che possa riunire chi fa dei temi dell’ambiente una priorità. Vedo tante persone che si impegnano in piccole battaglie per salvare un prato o un albero, ma sono lotte che non hanno una rappresentazione perché la politica va avanti su un binario diverso. Movimenti come Extinction Rebellion e Fridays for future dovrebbero strutturarsi e mettere insieme l’alto e il basso, ovvero la politica e le richieste dei cittadini. Perché un ambientalismo che vuole essere credibile e ottenere risultati concreti deve necessariamente rapportarsi con le istituzioni.
L’appuntamento con la seconda edizione di Coltivato si avvicina, qual è il contributo che questo Festival può dare al complesso sistema agricolo e quindi alla nostra alimentazione?
L’agricoltura è considerata settore primario non per niente vista la quantità di settori secondari e terziari che dipendono da essa. Per questo dovrebbe essere più centrale nelle nostre vite e soprattutto nei programmi politici. Auspico nel progetto futuro un ampio ritorno all’agricoltura, non con la zappa, ma con la tecnologia, la scienza e la conoscenza. Ecco, lo scopo di questo Festival è proprio la conoscenza e l’importante è che viene divulgata non dal punto di vista emozionale ma tecnico, mettendo a confronto saperi diversi. Perché l’agricoltura è al centro di vari saperi: vi si concentrano l’economia, la tecnica, la geologia, ma anche la cucina e la salute. L’unicità di Coltivato è proprio nell’affrontare i temi connessi all’agricoltura mettendo insieme e a confronto tutti questi saperi per creare conoscenza.