Il cibo non è solo nutrimento: è cultura, valore, e anche identitĂ . Lo dimostrano le storie di tre protagonisti del panorama agroalimentare piemontese – Gabriella Fantolino (allevatrice), Guido Gobino (cioccolatiere) e Franco Rabezzana (viticoltore e innovatore) – che al Festival Coltivato nell’incontro Cose belle e buone da mangiare e da bere hanno raccontato le loro esperienze imprenditoriali, diverse ma unite da un filo comune: la passione per la qualitĂ e la volontĂ di innovare rispettando la tradizione.
Gabriella Fantolino, alla guida di un’azienda avicola di lunga storia, ha spiegato come anche un gesto quotidiano come raccogliere uova possa diventare un veicolo di valori. L’azienda ha scelto da tempo di stampare messaggi positivi sulle confezioni, convinta che il consumatore voglia sentirsi parte di una scelta consapevole. “Nel 2010 abbiamo eliminato le gabbie, prima ancora della normativa europea – racconta l’imprenditrice. “La produzione si è dimezzata, ma era la cosa giusta da fare.” Oggi, le galline che terminano il ciclo produttivo vengono adottate da privati grazie al “Progetto Galline in Pensione”.
Franco Rabezzana racconta invece un vino che non solo si beve, ma si condivide fin dalla vigna. Grazie a progetti di crowdfunding, chiunque può adottare una barbatella: grazie a questa iniziativa, al Politecnico di Torino, ad esempio, è nata una vigna urbana con 750 piante. Rabezzana crede nel coinvolgimento attivo e nella formazione: la sua “Vineria” a Torino è anche spazio educativo per corsi con Slow Food e Gambero Rosso. “Il vino è cultura, ma anche partecipazione”.
Per Guido Gobino, maestro cioccolatiere, la qualità inizia dalla terra: “Il nostro lavoro comincia nelle piantagioni. Cerchiamo piccole cooperative di cacao in Centro America, per garantire non solo il prodotto migliore, ma anche un’economia locale più sostenibile.” E ricorda come anche nelle Langhe, in anni non troppo lontani, l’acqua potabile fosse più preziosa dell’oro: “Il pozzo era più importante della moglie”. Una riflessione che riporta all’essenza dell’agricoltura, tra fragilità e radicamento.
Non è mancato il confronto con il pubblico. Come conciliare prezzi equi e qualità ? Gobino è netto: “La ricetta non si tocca. Il cacao costa sempre di più, ma i coltivatori non vedono quei soldi. Noi possiamo assorbire parte dei rincari, ma non possiamo svendere il lavoro e la qualità .”
I tre relatori hanno raccontato anche il delicato passaggio generazionale. Tutti, in modo diverso, hanno vissuto o stanno vivendo il momento in cui i figli entrano in azienda. “Non devono sentirsi obbligati, ma motivati,” ha detto Fantolino, che oggi lavora con il marito e spera che un giorno anche le figlie trovino la loro strada, magari nella stessa direzione. Gobino ha accolto con entusiasmo l’ingresso del figlio Pietro in azienda, forte di studi internazionali. “Le nuove generazioni sono più attente alla sostenibilità che al biologico. E soprattutto parlano una lingua che io, ormai, non capisco più.”
Al Festival Coltivato si è parlato così di uova, vino, cioccolato, galline in pensione e barbatelle urbane. Ma il filo conduttore è stato chiaro: coltivare significa prendersi cura – di un terreno, di un animale, di un’idea, di una relazione. Anche a partire dalle cose belle e buone.